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Religiosità Popolare

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Nel mese di maggio in tutte le strade del paese i bambini, a volte aiutati dagli adulti, preparavano li vutarèdde (gli altarini). Si recavano nella immediata periferia del paese per raccogliere li panacuche (Sinapis Irsuta) che poi legavano a semicerchio e fissavano alla parete perchè fungessero da corona oppure preparavano una corona di fiori con la carta velata (velina), sotto la quale disponevano le figurine della Madonna e una mensoletta su cui appoggiavano qualche bottiglietta o bicchiere con la candela e con i fiori di campo. Nel tardo pomeriggio i bambini del quartiere insieme agli adulti si sedevano davanti all’altarino per recitare il rosario cantando le “Ave, Maria,” e conzoncine dedicate alla Madonna, come “Tu sei tanto vaga e bella” e “ Ai tuoi piedi, Maria diletta ...”.
La Madonna di Stignano, che si venera nell’omonimo Santuario, è considerata la Castellana della valle, che porta il suo stesso nome, ed anche patrona delle messi. A Lei ricorrono con fervore gli agricoltori per chiedere abbondanti raccolti.
Nel mese di maggio organizzano la festa durante la quale la statua della Madonna viene portata in processione per la benedizione dei campi del Tavoliere delle Puglie.

“Madònna de Stignane,
Tu la grazia ce l’ada fa;
si lla recòta ce fa’ fà,
bbèlla fèsta t’ima fa.”
Ha rresposte la Madònna:
“No vvogghie jèsse canzunata,
si lla fèsta no mme facite,
avite vogghia a ssumentà.”

“Madonna di Stignano,
tu la grazia ci devi concedere,
se il raccolto (abbondante) ci fai fare,
bella festa ti dobbiamo fare.”
Ha risposto la Madonna:
“Non voglio essere canzonata,
se la festa non mi fate,
è inutile seminare.”


San Michele
Un posto particolare nella devozione sammarchese è occupato da San Michele Arcangelo. In suo onore ogni anno viene organizzato un pellegrinaggio a piedi che dura tre giorni: due per il viaggio e uno di permanenza nel paese. Sono centinaia le persone di tutte le età che vi partecipano con molta devozione. Secondo la tradizione i pellegrini (la Cumpagnija) partono, sotto la guida spirituale di un sacerdote, all’alba del primo lunedì che segue l’ottavo giorno dell’Apparizione dell’Arcangelo Michele (8 maggio) dalla chiesa della Collegiata, dopo aver partecipato alla santa messa. Essi, per affrontare il viaggio, portano con loro ombrello, boraccia, secchiello, cappello e chi ha difficoltà nel camminare porta anche un bastone.
Durante il percorso si fanno alcune soste, come al Convento di San Matteo, a San Giovanni Rotondo e a  Campolato per un pranzo al sacco.
Quando si arriva ai piedi della montagna su cui è situata Monte Sant’Angelo, ogni pellegrino prende una pietra da portare con sé nella salita verso la grotta dell’Arcangelo, come segno di devozione e penitenza e la porta sempre nella stessa mano per poi farla rotolare giù quando giunge alla cima della “costa”.
L’ingresso nella Grotta è accompagnato dal canto “ O Glorioso Principe” mentre le campane del Santuario suonano festosamente.
Tra le preghiere che si recitano nei giorni di permanenza a Monte Sant’Angelo c’è la “Coroncina angelica”.
Il ritorno dei pellegrini a San Marco è atteso con ansia da tutta la cittadinanza, che si riversa per le strade del paese per vedere sfilare in processione parenti e amici che hanno partecipato al pellegrinaggio più noto nella nostra comunità.
Il pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo è organizzato dalla confraternita “San Michele” facente parte della parrocchia della Santissima Annunziata (Chiesa Madre), che è la confraternita più giovane ed è molto attiva.
Anche i Cagnanesi sono molto devoti dell’Arcangelo Michele, in suo onore preparano ogni anno grandi festeggiamenti che durano per tre giorni: dall’8 al 10 maggio, festa di San Cataldo, protettore del paese.
Anche a Cagnano Varano c’è una bellissima grotta, poco distante dal centro abitato, che, pare, sia comunicante con quella di Monte Sant’Angelo.
A Monte Sant’Angelo, invece, la festa in onore di San Michele ha luogo il 29 settembre.
foto di Stignano e racconto l’origine della chiesa di Stignano

Un’altra santa molto venerata a San Marco in Lamis è Santa Rita da Cascia. A Lei si rivolgono i Sammarchesi per chiedere grazie. I devoti pregano la Santa nei quindici giovedì a Lei dedicati che iniziano nella seconda metà del mese di febbraio e si concludono il giovedì che precede la data del 22 maggio. La preparazione alla festa continua con la novena, che si svolge dal 13 al 21 maggio, e con il triduo, che ha luogo dal 19 al 21 dello stesso mese, e si conclude con la benedizione delle rose, dell’olio santo e dei vestitini, uguali a quello della Santa, che numerose mamme fanno confezionare per voto per le loro figliolette.
Il giorno 22, oltre alla celebrazione di parecchie messe e alla distribuzione delle rose, ha luogo una processione molto partecipata che parte dalla chiesa di Santa Chiara e, dopo aver attraversato le principali vie del Paese, allietata dalla banda musicale locale, si conclude con i fuochi pirotecnici. Detta processione, come quella che si svolge in onore di San Michele Arcangelo, è particolare proprio per la partecipazione di decine e decine di bambine vestite come Santa Rita che portano in mano un crocifisso e un mazzetto di rose.
Parecchi sono anche i devoti che portano in chiesa una bottiglietta di olio di oliva da far benedire e da utilizzare poi eventualmente durante l’anno per ungere le parti doloranti del corpo. 

 

 

 

Canti

vadda stig

Sei bambinella d’amor

Che bbèlle capille che tti’,
e vvoje lì e vvoje là e mme n’ha’ fatte nnammurà
(var. e oilì e oilà, me faje nnammurà).
Rit. Sei bambinèlla, sei bambinèlla d’amor.
Che bbèlla fronta che tti,
e vvoje lì e vvoje là e mme n’ha’ fatte nnammurà
Rit.
Che bbèll’occhie che tti,
e vvoje lì e vvoje là e mme n’ha’ fatte nnammurà
Rit.
Che bbèlle nase che tti,
e vvoje lì e vvoje là e mme n’ha’ fatte nnammurà
Rit.
Che bbèlla vocca che tti,
e vvoje lì e vvoje là e mme n’ha’ fatte nnammurà
Rit.
Che bbèlle pétte che tti,
e vvoje lì e vvoje là e mme n’ha’ fatte nnammurà .
Rit.

 

Giochi

giochi

Ho perso la pecorella

Dopo avere scelto con la conta la pastorella, le bambine si disponevano in cerchio, al cui centro si poneva la prescelta che dialogava con le compagne cantando così:

Pastorella: - Ho perso la pecorella la ngiro ngèlla,
ho perso la pecorella la ngiro cavalié’.
Coro: - Dove l’avete persa, la ngiro ngèlla,
dove l’avete persa la ngiro cavalié’?
Pastorella: - L’ho persa in questo luogo la ngiro ngèlla,
l’ho persa in questo luogo la ngiro cavalié’.
Coro: - Il vestito come l’aveva la ngiro ngèlla,
il vestito come l’aveva la ngiro cavalié’?
Pastorella: - Il vestito l’aveva rosso la ngiro ngèlla,
il vestito l’aveva rosso la ngiro cavalié’.
Coro: - Le scarpe come l’aveva la ngiro ngèlla,
le scarpe come l’aveva la ngiro cavalié’?
Pastorella: - Le scarpe le aveva bianche la ngiro ngèlla,
le scarpe le aveva bianche la ngiro cavalié’.
Coro: - I capelli come l’aveva la ngiro ngèlla,
i capelli come l’aveva la ngiro cavalié’?
Pastorella: - I capelli li aveva biondi la ngiro ngèlla,
i capelli li aveva biondi la ngiro cavalié’.
Coro: - Il nome come l’aveva la ngiro ngèlla,
il nome come l’aveva la ngiro cavalié’.
Pastorella: - Il nome l’aveva Ninétta la ngiro ngèlla,
il nome l’aveva Ninétta la ngiro cavalié’.
La bambina che aveva le caratteristiche espresse prendeva il posto della pastorella.

 

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Proverbi

  • Ogne recchézza dalla tèrra viène, ogne allegrézza dallu còre viène.
    image Ogni ricchezza viene dalla terra, ogni gioia viene dal cuore.
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