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I giochi di una volta

giochi di una volta

I giochi di una volta - Come si divertivano i bambini di San Marco in Lamis
Prefazione di Daniele Giancane
Trascrizione musicale di Michelangelo Martino
Disegni di Annalisa Nardella
Bari, Levante editori 2016, p. 251, € 20.00 + s. p.  - vedi indice

"Il libro della Galante ci immerge in un universo che ormai non c’è più: quella che è stata definita ‘la civiltà del vicolo’. Una civiltà in cui era la ‘strada’ il luogo dei giochi, dell’aggregazione, delle amicizie, della competizione. La strada (o, appunto, il vicolo) era il ‘luogo formativo’, quello in cui si era costretti a crescere, a confrontarsi con gli altri, a risolvere problemi. D’altra parte - e lo ricordo bene - la civiltà di quei tempi (non troppo lontani, in verità) era, con tutti i suoi enormi problemi di sopravvivenza e di scarse opportunità di emancipazione sociale, una sorta di ‘comunità educante’:  gli adulti – indistintamente - erano gli educatori dei ragazzi.  In assenza del padre - magari in quel momento al lavoro - gli altri adulti intervenivano, se i ragazzi combinavano qualche marachella o davano disturbo. E il padre, al ritorno, saputo della cosa, ringraziava il vicino del suo intervento (e magari puniva severamente il figlio).

Voglio dire che il libro della Galante ci riporta a quel mondo in cui si poteva giocare in strada, anche perché passavano raramente delle auto. Ricordo piuttosto dei traini, che tornavano - la sera - dalle campagne.

Il libro di Grazia Galante diviene così una sorta di bibbia del gioco della civiltà contadina, un testo da tenere sul comodino e da sfogliare, appena si ha un momento libero, per ritrovare un filo rosso ormai quasi dimenticato….

Ecco perché sfogliare questo libro vuol dire fare illuminare improvvisamente la memoria, farci ridiventare bambini per un attimo. Tutto questo è anche - fortemente - un recupero di identità."

Dalla Prefazione di Daniele GIANCANE

 

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Il gargano in tavola

gargano in tavola

Il gargano in tavola
Introduzione di Guido Pensato
Bari, Levante editori 2018, p. 466, € 35.00 + s. p.

“Circa mille ricette raccoglie qui Grazia Galante, attraverso la rete di informatori che hanno coperto tutto il promontorio del Gargano: uno dei luoghi più straordinari della straordinaria storia italiana. Ma altre fonti hanno alimentato la ricerca e la compilazione di questo lavoro, che è anche un repertorio di fonti e di storie che ruotano intorno alla cucina: da quelle demo-antropologiche a quelle sociali, narrative e poetiche. Un ricettario, quindi, e molto di più: il ritratto di un territorio dalla storia infinita, permeata di una religiosità ancestrale, che affonda le radici nella preistoria e le prolunga nell’attualità permanente dei pellegrinaggi, dei riti, delle celebrazioni e della devozione contemporanea: dalla Grotta dell’Angelo a San Pio. Una religiosità che si salda con la religione civile della natura e dell’ambiente, “consacrati” nel Parco Nazionale del Gargano. Un legame permanente - quello tra uomo, ambienti naturali, animali, pascoli, boschi, laghi, mari, coste, foreste, grotte - che ha scritto la storia economica e sociale del luogo, attraverso le dinamiche della Transumanza e della Dogana della mena delle pecore e la complessità e la varietà di produzioni che, riconosciute come eccellenze italiane e frutto di tecniche di lavorazione tradizionali consolidate e rinnovate, sono giunte fino ai nostri giomi,e sulle tavole di consumatori e buongustai. Il tempo, quindi, e i microclimi diversi e preziosi; il lavoro di contadini e artigiani della trasformazione e della ristorazione, eredi del “saper fare” delle donne e delle famiglie: tutto questo ha lasciato tracce sotterranee e visibili nelle pagine della studiosa del territorio e della sua cultura materiale. Chi leggerà scoprirà e condividerà sapori antichi, capaci di alimentare ed esaltare la creatività dei nuovi gourmet domestici e dei giovani cuochi di uno dei luoghi mitici del turismo internazionale; dei sapori della sua cucina, della sua cultura, delle sue bellezze: della sua storia affascinante.“

 

Guido Pensato

 

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La religiosità popolare di San Marco in Lamis "Li cose de Ddì"

religiositapopolarePresentazione di Anna Maria Tripputi - BARI, Malagrinò, 2001, € 15,00 + s.p.

Il volume di Grazia Galante sulla religiosità popolare di San Marco in Lamis è un viaggio nella memoria collettiva alla riscoperta di questa cultura religiosa, ma è anche un atto d'amore verso un patrimonio estremamente fragile e labile, volatile come pochi altri, affidato in prevalenza alla tradizione orale, che va tutelato e salvaguardato; come va tutelata e salvaguardata la lingua in cui questo patrimonio si esprime: il dialetto, lingua madre per eccellenza che spesso ha una pregnanza più sottile e profonda della lingua italiana. Il volume parte dal quotidiano per esemplificare, attraverso il ciclo dell'anno, scandito dalle grandi feste religiose, dai pellegrinaggi e dalle feste locali, le forme e gli aspetti della religiosità popolare in un centro garganico ricco di storia e di tradizioni, in profonda evoluzione ma tuttora profondamente segnato da una dimensione religiosa corposa, vuoi per la vicinanza e quasi l'appartenenza ad una delle più importanti stationes della strata peregrinorum, il convento di San Matteo, vuoi per l'influenza esercitata dall'opera dei frati del santuario della Madonna di Stignano e dei numerosi altri santuari sparsi in zona.

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I proverbi popolari di San Marco in Lamis

proverbiPresentazione di Anna Maria Tripputi - Bari, Malagrinò 1993 pagine 315, ESAURITO.

La spinta che muove Grazia Galante nella sua ricerca è contenuta in un paragrafo dell'introduzione al suo libro:"...la necessità di un recupero della cultura orale locale nasce da una parte dall'amore per il paese natio, dall'altra da una esigenza più ampia; salvaguardare le specificità culturali a fronte di un processo complesso e contraddittorio di omologazione e di schiacciamento che lo sviluppo della scolarizzazione di massa e dei mass-media ha innescato".
E, in effetti, "I proverbi popolari di San Marco in Lamis" riflettono la struttura economica e sociale del paese, quella che è stata e quella che è tuttora: il suo isolamento, le ondate migratorie, l'economia prevalentemente agricola, la persistenza di un artigianato locale di antica tradizione ma ancora vivo. Il libro è una raccolta di proverbi che offrono uno spaccato, se pur non esaustivo di quella che è stata nel passato la struttura economica e sociale del comune, le relazioni parentali e interpersonali, insomma, di tutta la varietà e la ricchezza di tutta la cultura popolare, sottolineata dai modi di dire e dalle espressioni peculiari che corredano il testo. *Pubblicazione esaurita in attesa di ristampa

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“La Vadda de Stignane” e altri canti popolari di San Marco in Lamis

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“La Vadda de Stignane” e altri canti popolari di San Marco in Lamis
Presentazione di Raffaele Nigro, Trascrizione musicale di Michelangelo Martino, Mastering AMP Studio di Ciro Iannacone, Bari, Levante Editori 2015, pag. 379, € 25.00 + s. p.

Questo immane lavoro intrapreso trova la sua profonda motivazione, oltre che nei miei interessi culturali, anche nell’amore che porto per il mio paese. Esso non vuole essere un’operazione-nostalgia per un passato che non può assolutamente ritornare né per un mondo che talvolta si vuole mitizzare, ma che era fatto di duro lavoro, spesso di condizioni di vita segnate dalla povertà e dalla miseria. L’obiettivo è quello di accendere i riflettori su una cultura diversa, ‘altra’ da quella dominante, con la sua ricchezza e i suoi limiti, con le proprie peculiarità, con il proprio peso e la propria valenza. Una cultura segnata dall’assetto quasi esclusivamente agricolo-pastorale che rischia di essere cancellata del tutto dalla storia dell’uomo perché legata alla trasmissione orale. L’avvento della tecnologia ha distrutto la cultura contadina e artigianale, ha spezzato i vecchi legami comunitari. Il vecchio mondo contadino custodiva i canti e riusciva a trasmetterli alle giovani generazioni. Con i grandi cambiamenti intervenuti si è interrotto questo circuito virtuoso e il rapporto tra le generazioni ne è uscito sconvolto, rendendo sempre più precarie e labili la trasmissione dei saperi e quella saldatura generazionale che per secoli ha connotato la vita degli uomini.
I canti rappresentano una parte essenziale della vita del popolo e ne costituiscono una sorta di archivio, l’espressione del suo cuore nella gioia e nel pianto. L’elemento costitutivo è senza dubbio il sentimento, in particolare quello dell’amore. L’amante non ha parole per descrivere la sua donna amata: - La zita mija tè’ sètte bellizze e ttutte e ssètte te li vogghie arraccuntà… Essi esprimono e rispecchiano anche gli usi, le credenze e la mentalità del tempo in cui sono nati.

La raccolta che qui si pubblica si apre con una Ninna nanna e continua con il canto Ntèlle e ntèlle che viene utilizzato per trastullare i bambini. Seguono i canti amorosi divisi in serenate, canti d’amore, canti di ammirazione della bellezza, canti di ritrosia, canti maliziosi, canti di affanni, dolori, sospiri, canti di gelosia, canti di abbandono, canti di sdegno, poi i canti relativi al matrimonio, quindi gli stornelli e le storie cantate. Complessivamente si tratta di quasi duecento ‘pezzi’.

I canti non esprimono soltanto sentimenti, stati d’animo, emozioni, in parecchi casi contengono anche dei veri e propri precetti morali: meglio dare un bacio a una donna nubile che cento a una vedova;  non sposare una vedova, sposa la nubile perché la vedova è arrabbiata; non sposare il vecchio perché muore, sposa il giovanotto che canta e suona per te; non sposare il contadino perché questi  ti fa mangiare le patate, ti porta in campagna e ti fa bere l’acqua calda, sposa l’artigiano perché questi ti fa fare la signora, ti fa portare il merletto al grembiule e in carrozza ti fa andare; le mamme si devono fare i fatti propri, i figli devono sposare chi vogliono; non amare se non sei amato e non sposarti con chi non ti vuole bene.

Questa raccolta, che contiene anche sessanta spartiti e un CD contenente alcune strofe di oltre sessanta canti eseguiti dalla viva voce degli informatori per conservare oltre al testo anche la melodia, è un importante punto di arrivo in quanto finalmente consente di rendere disponibile e fruibile una messe enorme di canti. Essa è, al contempo, anche un punto di partenza in quanto altri potranno affrontare in modo più approfondito questioni non meno rilevanti come gli aspetti più propriamente musicali di questa produzione o anche quelli relativi alla metrica.  

L’auspicio è che questa fatica serva a far apprezzare meglio la comunità sammarchese, a farne conoscere il passato, ad approfondirne le credenze, le leggende e le tradizioni. Anch’esse, infatti, concorrono in modo non marginale a fare la storia viva e ricca di un paese e di una comunità.

Tratto dalla Introduzione

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  • Ogne recchézza dalla tèrra viène, ogne allegrézza dallu còre viène.
    image Ogni ricchezza viene dalla terra, ogni gioia viene dal cuore.
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