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Il latte nella tradizione sammarchese

il latteDalla presentazione

“Dopo aver studiato l’alimentazione ed aver capito che il latte è un alimento completo per la sua composizione chimica, le nostre insegnanti di Lettere e di Scienze Matematiche (Galante e Tenace) hanno deciso di farci visitare la Centrale del Latte “Del Giudice” che si trova a Termoli (CB). Lì abbiamo visto che sia il latte destinato al consumo diretto sia quello destinato a produzioni diverse sono sottoposti ad una serie di operazioni, che conservano integre le qualità nutritive del prodotto e lo proteggono da alterazioni che potrebbero risultare nocive all’organismo umano.

Poi abbiamo visitato un’azienda agricola del Gargano dove i pastori, dopo aver munto a mano gli animali che vivono allo stato brado, mettono il latte in un grosso recipente di rame zincato (lu quacquie) posto sul fuoco per trasformarlo in caciocavallo, formaggio, mandèche, ricotta che sono di ottimo sapore, perché gli animali si nutrono di erba verde, ma non sono troppo sicuri dal punto di vista igienico....

Poiché l’argomento latte e i suoi derivati ci ha entusiasmato molto, abbiamo deciso con la nostra professoressa di Lettere di cercare la presenza del latte nella nostra cultura e nelle nostre tradizioni. Ci siamo attivati subito e, grazie alle notizie apprese dalle nostre nonne e bisnonne, abbiamo trovato ricette, canti, filastrocche, modi di dire, indovinelli, soprannomi, rimedi per curare alcuni malanni e qualche racconto, in cui sono presenti il latte e i suoi derivati, che abbiamo riportato in questo libretto.

Esaminando il materiale reperito, abbiamo capito che il latte e i suoi derivati, se pur presenti nell’alimentazione sammarchese, erano oggetto di desiderio come recitano i canti: Vurrija che cchiuvésse maccarune e nna muntagna de casce rasckate...; Vurrija tené nu zite ricche ricche: li casckavadde e lli presutte appise.

E’ stata un’esperienza scolastica interessante ed entusiasmante.”

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Filastrocche e indovinelli sammarchesi

FilastroccheDalla Presentazione di Francesco Granatiero
“... Alla presente raccolta di filastrocche, pregevole per accuratezza, ricchezza di materiali e correttezza di impostazione, va il mio plauso incondizionato, anche perché la sua preparazione ha permesso alla II G, a. s. 2002-03, l’acquisizione delle regole elementari della trascrizione del proprio dialetto, oltre che di una certa consapevolezza linguistica, e l’accostamento alla cultura popolare con i suoi risvolti di caratere sociale e pedagogico.”

Torino, marzo 2003

Francesco Granatiero

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Piccolo dizionario sammarchese

Piccolo dizionario sammarcheseDalla Presentazione di Michele Coco

“Le ragioni dell’utilità di questo dizionarietto sammarchese sono elencate dai suoi giovanissimi autori nell’Introduzione.

Esso è servito, prima di tutto, a far conoscere loro la nostra cultura, la nostra storia, le nostre tradizioni. E ciò attraverso la lettura di pochi (purtroppo) libri di poesia scritti in dialetto dai nostri autori, e attraverso le interviste a persone che ancora lo parlano o solamente lo ricordano. Quando queste persone non ci saranno più, resteranno quei pochi libri l’unico repertorio della nostra lingua madre. O libri come questo dizionarietto, o come quello dei Proverbi di Pasquale Soccio, o infine come la meritevolissima raccolta delle ricette culinarie di San Marco in Lamis, dovuta a Grazia Galante.

In verità noi non abbiamo una cospicua tradizione letteraria dialettale. E quella che abbiamo è relativamente recente. Gli autori più antichi sono Serrilli e Napolitano. Poi sono venuti Borazio, Tusiani, Aucello. Tusiani soprattutto, continua a sorprenderci, regalandoci, quasi ogni anno, un poemetto nel nostro vernacolo, come se avesse ritrovato una vena  che, iniziata a sgorgare con Làcreme e sciure è diventata sempre più fluente negli anni della lontananza.

Il dialetto, insomma, grazie a questi nostri autori, riesce a sopravvivere all’omologazione linguistica televisiva. E noi dobbiamo essere loro grati.

Il lavoro che qui si presenta ha sortito, inoltre, risultati validissimi sul piano pedagogico. I giovanissimi studiosi hanno imparato come si fa ricerca da soli o in gruppo, e hanno avuto la possibilità di allargare le loro conoscenze non solo nell’ambito della lingua madre, ma anche, attraverso l’esercizio della traduzione, nell’ambito della lingua colta.

Infine, i dizionarietto è stato allestito per gli altri, per “quelli che verranno dopo di noi”, e per coloro che non conoscono il nostro dialetto: duplice nobilissimo scopo. Potrebbe sembrare mera presunzione quella di volersi proiettare verso i posteri, ed è invece soltanto la legittima preoccupazione di chi vuole che le nostre parole, che poi dicono la nostra vita, non muoiano. E ancora l’orgoglio, altrettanto legittimo, di affermare la propria identità in un mondo in cui la globalizzazione tende a cancellarla.

Quella che i ventiquattro piccoli ricercatori hanno effettuato sotto la sapiente guida della loro insegnante Grazia Galante è un’opera altamente meritoria per i motivi che si è detto.. Ma è anche, per noi che non abbiamo perduto il gusto dell’uso, in certe occasioni, dell’espressione dialettale, un vero godimento....

Ben vengano, dunque, lavori di questo genere, e siano accolti con favore. Filologi e linguisti non arriccino il naso! Dopo tutto, essi sono il segno di un amore elettissimo alla nostra comune terra di origine.” (a. s. 2000/2001 Classe II G)

Michele Coco

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Li cunte - favole e racconti sammarchesi

LiCunteDalla Presentazione di Joseph Tusiani - New York, marzo 1999
“Credo in certe coincidenze. Avevo appena finito di rileggermi, dopo anni ed anni, le Piacevoli Notti dello Straparola quando mi è arrivata questa lieve raccolta di “Cunte” sammarchesi a cura degli alunni della Scuola Media “Francesca De Carolis” della mia Città natia. Me l’hanno inviata con preghiera di presentazione; e come potrei negarla, io che, da buon latinista, fermamente credo nel detto di Giovenale: Maxima debetur puero reverentia? E’ questa riverenza che mi fa addirittura sognare che da questi ragazzi emerga (e perché no?) un Giuseppe Pitrè della Puglia.
A differenza delle altre, la nostra Regione non ha ancora sentito il dovere di raccogliere e preservare dall’oblio le favole popolari di cui è ricco ogni nostro paese...
Ecco perché mi fa ben sperare l’opera di questi bravi alunni della “De Carolis”, ispirati dalla loro Professoressa d’Italiano, Grazia Galante. Con entusiasmo di pionieri essi hanno tracciato il primo solco. Ci sarà una seminagione? Ci sarà un raccolto? Me lo auguro. Essi, intanto, hanno già dimostrato una valentia davvero lodevole, considerando la loro inesperienza in un campo sì vasto ed arduo.
Hanno trascritto le favole ascoltate con una impressionante fedeltà alle varie fonti narrative, per cui viene trasmesso al lettore il senso più genuino della Fiaba, che è tutta e solo azione, azione rapida, azione pura; non v’è nulla, cioè, che sia rallentante descrizione o fronzolo ornamentale. Con fine intuito artistico hanno tutti, poi, sentito il bisogno di conservare, qui e lì, nei punti più vitali del racconto, il dialetto sammarchese, il che avviva e dà quasi il sigillo dell’autenticità al racconto stesso. Tutto questo non è da poco: anzi, è già tanto...
Grazie, dunque, gentili e cari alunni e alunne di mia terra....”

Scuola Media Statale "F. De Carolis" di San Marco in Lamis anni scolastici di insegnamento 1996 - 2008

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Proverbi

  • Ogne recchézza dalla tèrra viène, ogne allegrézza dallu còre viène.
    image Ogni ricchezza viene dalla terra, ogni gioia viene dal cuore.
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