Scritto da Grazia Galante. Pubblicato in Didattica
Dalla Prefazione di Cosma Siani
“C’è più di una ragione per guardare con simpatia a lavori come questo. La principale è riassunta in un aforisma anglosassone che tutti noi insegnanti dovremmo avere bene in mente, e che in italiano suonerebbe così: “Dimmi, e dimenticherò; mostrami, e saprò; coinvolgimi, e apprenderò”. La prima tesi si riferisce all’insegnante che parla dalla cattedra: il modulo di lezione a cui tutti, giovani e meno giovani, siamo stati abituati. La seconda è quanto meno pratica: ti faccio vedere come si fa, e poi saprai fare anche tu (che tale assunto sia vero o no). La terza via è quella in cui l’insegnamento si fonde con l’apprendimento perché ha luogo attraverso il lavoro dei discenti. In questa prospettiva, l’insegnante non è più solo colui che “trasmette” conoscenze, ma anche la persona che predispone, organizza e assiste un progetto di lavoro eseguito dagli studenti.
La differenza fra i tre punti di vista risalta alla luce di un esempio. Se voglio insegnare a suonare uno strumento musicale, diciamo il piano, crederemmo mai sia sufficiente che io “dica” ai miei allievi come è fatto lo strumento, come si formano gli accordi sulla tastiera, come vanno armonizzate mano sinistra e destra, come vengono scanditi i ritmi? Oppure che mi sieda al piano, ed eseguendo io stesso, “faccia vedere” come si realizza tutto questo? No di certo. Per arrivare a suonare, gli allievi dovranno “fare” essi stessi, mettersi al lavoro sullo strumento ed esercitarsi per un tempo più o meno lungo.
Valore di esercizio in tal senso ha la ricerca promossa e monitorata da Grazia Galante con i suoi alunni di 2a G e condensata in questo opuscolo....”
Roma, maggio 2007 - Cosma Siani
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Scritto da Grazia Galante. Pubblicato in Didattica
Dalla presentazione
“L’opportunità di fare questo libretto ci è stata offerta dal progetto ‘Helianthus’ sulla conoscenza e la salvaguardia dell’ambiente.
Il progetto è stato articolato in due momenti: conoscenza della flora della Valle di Stignano ed uso delle piante ivi presenti nella cura delle malattie.
Insieme alle professoresse Galante e Tenace abbiamo visitato la Valle per conoscere e raccogliere le erbe di quella zona che, poi, sotto la guida della professoressa Angela Tenace, insegnante di Scienze Matematiche, abbiamo classificato e poi fatte essiccare per farne un piccolo erbario. E’ stata un’esperienza straordinaria per tutti noi.
La professoressa Grazia Galante, docente di Lettere, invece, ci ha proposto di fare una ricerca per sapere come i nostri antenati utilizzavano quelle erbe per curare le malattie, quando c’erano poche medicine e soprattutto mancavano i soldi per comprarle.
Abbiamo accolto la proposta con molto entusiasmo e subito ci siamo messi al lavoro intervistando nonni, bisnonni, zii, parenti e conoscenti vari.
Siamo rimasti molto stupiti nello scoprire che quello che noi oggi buttiamo una volta era utilizzato. Abbiamo appreso che per curare le emorroidi applicavano un impiastro preparato con la scorza del melograno; il bernoccolo scompariva applicandovi sopra una moneta o il giornale bagnato; lo stelo del prezzemolo, insieme ad una scaglietta di sapone da bucato avvolto da un capello e inserito nell’ano serviva per stimolare i neonati a defecare; il decotto preparato con la malva, che essi stessi raccoglievano e facevano seccare, serviva per curare la tosse; il sale caldo, messo in un sacchetto, veniva usato per curare la tosse o alleviare i dolori reumatici.
Abbiamo capito che i nostri nonni, pur essendo analfabeti o semianalfabeti, diventavano degli abili speziali nel preparare unguenti e impiastri vari che non solo erano molto efficaci, ma non avevano effetti collaterali.
E’ stato un piacere fare le interviste alle nonne che con tanto impegno hanno scavato nella loro memoria per spiegarci nei minimi particolari quello che noi volevamo sapere.”
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Scritto da Grazia Galante. Pubblicato in Didattica
Dalla Presentazione di Maria Marcone
Bella, incantevole questa cittadina di San Marco in Lamis aggrappata ad un fiorito costone del Gargano, vivacissimi, pieni di curiosità e fieri di conoscenza i suoi abitanti, orgogliosi di sé e dei propri concittadini illustri, aperti alle novità, ma anche custodi delle memorie, consapevoli come sono che non c’è vero progresso se non quello che ha radici lontane e che non rinnega il meglio del passato....
Ho sotto gli occhi il frutto di una interessantissima ricerca compiuta da tutta la scolaresca della II G della Scuola Media “De Carolis” sotto la guida esperta della professoressa Grazia Galante sugli antichi canti e stornelli in lingua sammarchese raccolti per la maggior parte sulla bocca dell persone anziane che ancora per poco li conservano nella memoria come perle rare di un mondo che non esiste più.
Assai lodevole l’intenzione di questi giovanissimi ricercatori che sicuramente con amore e rispetto sono riusciti a far rivivere brandelli di memorie lontane e a trascriverli nonché a tradurli in italiano da consegnarli al ricordo dei posteri...
In questi antichi canti è racchiusa la più genuina anima sammarchese fatta di abitudini povere e di sentimenti eterni, l’amore la passione la satira lo scherzo l’animosità, la maldicenza la rabbia, la fame, ecc.
Il dialetto sammarchese... è una vera lingua colorita ricca e gradevole all’udito, ed è meritoria l’impresa dei nostri giovani autori che ne hanno salvato i canti ed anche in parte i motivi musicali, riuscendo così a consegnarci un pezzo di storia che stava per essere sommerso dall’onda lunga dell’oblio.
“Bravi, ragazzi, - voglio dire a ciascuno di loro - in questo mondo che gira sempre più veloce, sappiate ogni tanto guardarvi indietro per recuperare il buono e il bene profuso nel nostro patrimonio etnico-culturale.”
E buona fortuna!
Maria Marcone
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